Gelo esistenziale.
Tre artisti russi nel
primo anno di guerra
Arsenij PETROV
Nel 2021 Pavel Otdelnov ha presentato il dipinto “Vrémja” (in russo “Tempo”), dove su uno sfondo blu ha raffigurato un orologio a lui familiare fin dall'infanzia. Questo è lo schema del principale programma televisivo di notizie sovietiche. La lancetta si è bloccata un secondo prima dell'avvio, costringendo lo spettatore ad aspettare con ansia ed allungando il “tempo” per comprendere cosa sta accadendo. Per le generazioni che ricordano la realtà socialista, l'immagine trasmette chiaramente la sensazione di ritorno al passato o che, come a volte sembra, il tempo si sia fermato.
La riflessione sul tempo storico, inteso come momento, unendo le azioni della società con quelle dell'individuo, è stata comune alle persone pensanti negli ultimi anni in Russia. Mentre le autorità intensificavano la costruzione dell'ideologia attorno alla storia e dipingevano un quadro del futuro come ritorno al Grande passato, in Russia si pubblicavano e si leggevano i libri sulle società della Germania nazista e dell'Unione Sovietica, anticipando, anche se non completamente, il vettore dei cambiamenti e cercando di comprendere le peculiarità della realtà in arrivo.
Il 24 febbraio la lancetta dell'orologio si è avviata improvvisamente, è tornata indietro velocemente, a ritmo frenetico, a sprazzi, risvegliando la memoria dei traumi sociali e familiari, mostrando quanto ancora i terribili colpi della storia siano vivi in noi. I primi sentimenti contrastanti, ovviamente, hanno portato una profonda riflessione: dolore per gli ucraini; sentimento di vergogna per lo stato; “come se fossi in un campo di concentramento, fascista ed ebreo nel contempo”; un senso di una vita rubata e di un futuro in cui gli sforzi personali per creare e integrarsi in una società europea e umanistica sono stati distrutti; “come se il paese fosse stato sbattuto contro un muro”.
Sarebbe un errore ridurre l'intera esperienza delle emozioni a un unico modello, così come sarebbe un errore ridurre a un unico tema l'intera produzione artistica nell'arte russa alla tragedia del 2022. Uno degli aspetti del "terribile-collettivo" della storia russa consiste nel vivere la propria solitudine assoluta: davanti al Leviatano che schiaccia ogni protesta significativa e elimina possibili leader della protesta politica; davanti a chi accusa di appartenere allo Stato aggredito o alla sua cultura; di fronte a un processo storico che tutto intorno si abbatte come una tempesta, lasciando lo spazio di azione più esiguo.
Questa nuova esperienza si rivela in qualche modo una ripetizione della precedente. Sembra che siamo tornati alle parole di Brodskij: «Nell'arco di questo secolo all’uomo russo, e forse al cinese anche di più, è toccato in sorte qualcosa che a nessun altro popolo è toccato... Abbiamo visto il fondamento della vita nella sua assoluta nudità, letteralmente... Scalzi e svestiti, siamo stati esposti a un intensissimo gelo esistenziale» (trad. Alessandro Niero).
Dopo l'inizio della guerra, Pavel Otdelnov creerà una serie di opere in cui la scomporrà in elementi innevati. Questa è una tipica casa di Mariupol bruciata, un dittatore e una TV con il “Lago dei cigni” extratemporale. L'elemento principale sono le persone nude e disunite dell'intera “Generazione”, esposte al freddo e al gelo, immerse fino al petto nei cumuli di neve, così come la parola “Futuro”, ricoperta di neve. Le steppe ghiacciate senza vita qui vanno oltre le banali associazioni con la Russia. La casa distrutta ha perso i suoi inquilini; molte persone che abitavano il “paese invasore” hanno perso il supporto vitale, le connessioni, il futuro, il cui valore si sente pienamente quando lo si perde. Il grigiore dei paesaggi di Otdelnov, che copre tutto, conferisce alle immagini un aspetto di vita quotidiana e allo stesso tempo di atemporalità. La disperazione meteorologica è trasmessa alla dimensione della disperazione storica.
Gli uomini del pane di Andrey Kuzkin sono apparsi in mostre recenti come parte dell'installazione del gruppo “Preganti ed eroi”. Nel 2022 vengono creati tutti nello stesso piccolo formato, ma uno alla volta. “Sulle rovine”, realizzate con piastrelle rotte e cemento trovati casualmente, queste figure appaiono come la più alta espressione di dolore e disgrazia. Iniziando a lavorare con il pane come materiale, l'autore ha fatto appello alla tradizione carceraria russa di plasmare dallа mollica e a richiami eucaristici. È difficile dire se questo simbolismo sia evidenziato nelle opere recenti. Il pane dà indubbiamente credibilità alla sostanza non levigata, la generalità delle rovine – l'ampiezza delle letture possibili: sia le vittime dei bombardamenti che le vite devastate di rifugiati ed emigranti. La nudità, la fragilità di figure antiestetiche e quindi molto realistiche fa sentire il disagio provato sulla pelle. Chiude la serie “L'eterna primavera nella cella di isolamento” con una messa in scena estremamente minimalista. L'uomo di Kuzkin non sembra costretto all'angolo, prende tranquillamente posto. L'ambiente non sembra essere molto simile alle mura di una prigione, ma, al contrario, è ammorbidito da elementi naturali: rami spogli di un cespuglio, un uccello, il sole o la luna (una pallina da ping-pong dipinta di giallo caldo). Le mura della prigione isolano dalla società, separano dall'ambiente familiare o amichevole, però la “cella di isolamento” di Kuzkin è più vicina proprio all'abbandono esistenziale di Brodskij.
Le sue parole sul gelo esistenziale si sono concluse con quanto segue: “Il risultato di questo dovrebbe essere una grande compassione umana”. L'attuale propaganda putiniana intensifica la glorificazione della “Grande Vittoria” e dei suoi partecipanti. Al contrario, l'arte russa ha sempre mancato di considerare tutti i morti e i partecipanti alla guerra come vittime, comprese le “vittime della storia”, come ha definito Brodskij nel suo discorso per il premio Nobel soccombendo sconsideratamente alla propaganda. È dubbio che ci si possa dispiacere per i moderni aggressori militari, in nessun caso ci si dovrebbe aspettare questo dagli abitanti dell'Ucraina, ma, allo stesso tempo, l'arte сi consente di mettere alla prova i nostri sentimenti. Perciò Sergei Prokofiev ha creato una serie di “invasori” assassinati. In queste figurine, in fasi separate, viene mostrata la storia di un cadavere che ha perso la sua componente umanistica e attraversa un ciclo esclusivamente naturale.
Corpo infreddolito. Il cane mangia il soldato. Corpo in putrefazione. Qualcosa cresce da unа altrа salma. Un altro cadavere non è più sulla superficie della terra, lo vedremo solo nei contorni del fiorente grano, se lo guardiamo dall'alto. La tecnica di Sergei Prokofiev – una penna 3D e plastica nera – sembra particolarmente impressionante quando fotografa il suo lavoro su uno sfondo bianco come la neve. Tutte queste figure di soldati bruciati, in putrefazione, mangiati da cani e maiali possono essere viste nei film documentari del 2022. Cerchiamo di cancellarli dalla memoria, è insopportabile guardarlo a lungo. Le immagini di Prokofiev, con la stessa affidabilità, permettono di soffermarsi su di esse con uno sguardo, per togliere la drammaticità del momento. Tradotte in plastica, assorbite da uno sfondo bianco luminoso, sono già percepite come con un distacco storico. L'assassinato, sebbene un invasore, è una mediocre vita umana in rovina, il crollo dell'umanità. Quando le fanfare e gli appelli propagandistici cessano di suonare, i corpi rimangono semplicemente nei campi, sono diventati fertilizzante.
Il girasole che cresce dal corpo di un soldato, in Prokofiev, riecheggia direttamente una delle principali immagini simboliche di Anselm Kiefer. Nato nel 1945, ha trascorso tutta la sua vita a comprendere la tragedia culturale tedesca del XX secolo, le questioni della storia e la guerra come disastro provocato dall'uomo. Alla sua mostra del 2022 a Venezia, una bara con due girasoli posti all'interno è stata messa al centro della composizione chiave. Si vede che non c'è solo un richiamo tra due artisti contemporanei. I girasoli di Van Gogh, che ha aperto la strada all'espressionismo nella pittura europea, sono pieni di vitalità e speranza. Per Kiefer e il suo contemporaneo russo, sembrano un sole di catrame bruciato, e non c'è più alcuna speranza che i loro semi servano a qualcosa.
Come lo stesso 2022, le opere selezionate non lasciano allo spettatore supporti ottimistici. Tuttavia, è importante che ci siano artisti che sollevano questi argomenti. Forse questo servirà come mezzo per ricomporre la cultura russa e superare il gelo esistenziale.
Scritto con il supporto di Scholars at Risk – Italia
(Università di Trento, coord. Ester Gallo)